L'insostenibile colpa della felicità img_home

PREFAZIONE

Lo scopo principale di tutte le nostre azioni è il perenne tentativo di raggiungere la felicità e di evitare il dolore. Malgrado i nostri sforzi e meriti, spesso non ci riusciamo. Talvolta ci stupiamo nel constatare che le rare persone felici sono addirittura le meno virtuose.
Il disorientamento che ne deriva lascia un senso d'impotenza generale, tanto da chiedersi: «come è possibile che una condizione così umana, tanto desiderata, sia altrettanto difficile da perseguire? Cos'è questo quid misterioso, che s'insinua indisturbato nell'atteggiamento globale di colui che è infelice? ».
Per chi è avvezzo ad una cultura razionale, può sembrare inaccettabile l'idea che il boicottaggio che s'instaura nella persona sfortunata provenga proprio dal suo inconscio, dal suo respiro, dalla sua totalità non consapevole. Se non prendiamo in considerazione le contraddizioni in termini provenienti dal nostro inconscio, la profondità del respiro, le tensioni muscolari e le sensazioni che ci provengono dal nostro corpo, ci sentiremo spesso più nel dolore che nella gioia di vivere.
L'esplorazione inconscia può avvenire sia prendendo in considerazione l'attività onirica, sia abbandonandosi ad appropriati esercizi di analisi bioenergetica. Attraverso i sogni, spesso si constata che inconsciamente la felicità tanto ambita è altrettanto temuta, poiché ci induce a confrontarci con un senso di colpa archetipico rispetto alla sofferenza altrui. La nostra sofferenza, negativa e confusa, è inconsciamente accompagnata dal timore di differenziarsi dal proprio nucleo familiare che spesso vive in situazioni mediocri o fallimentari. Differenziarsi dalla propria famiglia significa, per molti, sottolineare la loro diversità, suscitare invidia, divenire oggetto di sentimenti negativi.

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1 - CASTRARE I PROPRI DESIDERI E CAPACITA' PER UNIFORMARSI ALLE DIFFICOLTA' FAMILIARI

E' opportuno avvalorare quanto sopra con il sogno di un potenziale cantautore di talento che si limitava ad accompagnare musicalmente altri cantanti, riducendo così l'espressione globale dei suoi connaturali potenziali e la sua conseguenziale gioia di esprimersi nella propria totalità.

Sogno: « stavo scalando una montagna con mia madre e con mia zia, per evitare un'inondazione ; malgrado le aiutassi, loro desiderano fermarsi in una grotta buia ed umida adducendo la scusa di non riuscire a sostenere la fatica della salita. Io, pur volendo proseguire il mio cammino verso l'alto ed avendo le capacità per farlo, condivido la decisione per evitare di sentirmi in colpa nei loro confronti. La grotta è molto buia ed umida, me ne vorrei proprio andare ma rimango lo stesso per fare loro piacere».

Il senso di colpa, anche se difficilmente riusciamo a sentirlo perché sottilmente rimosso, è un sentimento così universale che lo ritroviamo alla radice di tutte le religioni, fiabe o antichi miti.
Nel mito di Prometeo (che si appropria del fuoco per dare luce e calore all'umanità), l'eroe è considerato gravemente colpevole per essersi impossessato di una preziosità appartenente soltanto all'Olimpo. Analogo messaggio si trova nei miti dell'erba dell'immortalità, dei pomi delle Esperidi e del ramo dell'albero sacro a Diana, nel bosco di Ariccia. La ridondanza maggiore di questi miti la riscontriamo nella nostra religione con la notissima disubbidienza di Adamo ed Eva. E' questo il peccato, la colpa implicante il desiderio e la realizzazione del possesso della conoscenza e del piacere, considerati assoluto privilegio di Dio. Nei miti come nelle religioni, gli Dei sono coloro i quali vivono al di sopra degli esseri umani, con privilegi dettati da un destino divino non estendibile a tutti. Nell'inconscio, la costellazione degli Dei può essere proiettata sui genitori, sui fratelli e, talvolta, attraverso un sincretismo concreto inconscio, su tutta l'umanità che vive fuori di noi. Gli altri, nell'immaginario inconscio, sono la sintesi di quegli dei che proibiscono di conoscere e gustare il piacere che deve appartenere solo ed unicamente a loro. Il senso di colpa inconscio, di colui che si appropria di ciò che è prerogativa divina, può essere così pesante e catastrofico che quantitativamente riesce a pervadere ogni azione dell'individuo.
Tutti possono ricordare Prometeo condannato a farsi mangiare il fegato dagli uccelli rapaci. Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso Terrestre e condannati a soffrire a vita... insieme a tutti i loro discendenti. Pur essendo così universalmente presente in tutte le religioni, nei miti e nelle leggende, il complesso di Edipo, come già detto, è talmente misconosciuto dalla nostra coscienza, da agire in modo sottile e subdolo non solo nella realizzazione sociale, economica, ludica, ma finanche nella sfera affettiva e sessuale.

La maledizione e il senso di colpa così filogenetici, ontogenetici e biopsichici agiscono sotterraneamente in modo subdolo e continuo in tutto ciò che può arrecarci felicità. Nel lavoro, nello studio, nella sfera affettiva e sessuale, e finanche, per essere nati belli, o più ricchi o più intelligenti. Può sembrare assurdo, ma il problema è talmente ancestrale che non perdona nessuna categoria sociale, nessuna fascia d'età. Le categorie meno fortunate per generazioni sono quelle più pesantemente colpite, ma è proprio la loro totale disperazione, che spesso li aiuta a riconoscere il senso di colpa e quindi a ricorrere alla psicoterapia. Purtroppo, se non si entra in contatto con il senso di colpa individuale, per instaurare una dialettica costruttiva, man mano che si diviene adulti il complesso rimosso pervade ogni giorno di più il corpo e la sua inflazione provoca infine comportamenti autodistruttivi, generando anche gravi malattie, incidenti e seri problemi ai propri figli.

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2 - INFELICITA' IN AMORE PER ALLINEARSI ALLA FAMIGLIA

Lo scacco matto più subdolo, in tutte le generazioni e società, lo riscontriamo nelle aspettative di un amore creativo, capace di donare momenti di gioia. Spesso è proprio questo meraviglioso aspetto della vita che delude e si trasforma in pathos profondo.
A questo proposito, vorrei riportare il sogno di una ragazza di nome G., che dopo un amore infelice era finalmente riuscita ad incontrare un coetaneo con cui instaurare una relazione gioiosa.

Sogno: « mi trovo su una nave con il mio ragazzo, che percepisco come se fosse un cubano, anche se nella realtà è biondo ed ha gli occhi verdi. Giungono le mie amiche per rimproverarmi e per farmi notare che il mio ragazzo ha fatto un "golpe" contro gli italiani. Faccio loro presente che sono innamorata, che con lui sono finalmente felice e che sto vivendo l'amore sempre sognato ad occhi aperti. Sopraggiungono infine le mie cugine, le quali mi rimproverano severamente riferendomi che il cubano ha fatto il "golpe" soprattutto contro la mia famiglia. La lotta interiore che ne deriva è dilaniante, il senso di colpa insostenibile, ma nonostante il dolore e la rabbia, mi sento costretta a lasciarlo per condividere la situazione familiare. Risolto così il conflitto torno tra le mie cugine sentendomi più tranquilla. In seguito vengo a sapere che il mio ragazzo, partito per un'altra guerra, muore dopo un anno».

Dalle libere associazioni della paziente, emerse che le sue cugine non vivevano in quel momento relazioni sentimentali soddisfacenti ; che i suoi genitori e sua nonna, convivente in famiglia, non godevano di situazioni affettive altrettanto gratificanti. La disperazione che si manifestava nel sogno era altrettanto grande nella realtà, G., nel suo sconforto era realmente convinta di dover lasciare il suo ragazzo.
Soltanto la spiegazione dell'attività onirica, la presa di coscienza del senso di colpa per il fatto di essere felice e l'espressione corporea della rabbia e del dolore che ne derivava, l'aiutarono a mantenere la relazione che le procurava felicità. Fu questa consapevolezza dolorosa e frustrante che la portò a sentire per la prima volta le sue sensazioni profonde, a capire che molte situazioni della sua vita erano miseramente naufragate, senza apparenti reali motivi, proprio perché non riusciva a sostenere il senso di colpa verso l'infelicità altrui.
Si rese conto di sentirsi in colpa anche per il fatto che era bella e alta, tanto da incurvare le spalle per chiudere il cuore e sembrare più bassa, per non soffrire del suo stesso senso di colpa.
Con gli esercizi bioenergetici si aprirono le spalle ed il cuore, si approfondì spontaneamente la respirazione dando vigore al corpo ed alle gambe. Fu importante dare forza ai suoi piedi per farle sostenere tutta l'energia vitale che scaturiva spontaneamente da tutto il suo corpo.
Sembra paradossale, ma un corpo contratto è pieno di terrore rispetto alla propria energia vitale. Il terrore non è soltanto dettato dai limiti imposti dalla famiglia e dalla società odierna; il terrore è ancestrale perché ormai impresso nelle cellule.
Per generazioni, storicamente, il novantanove per cento della popolazione ha subito violenze morali e materiali. E' logico che ogni genitore, inconsapevolmente condizionato dal dolore e al dolore, senza volerlo riproduca con i propri figli quanto ha subito. Quel che è peggio, è che ognuno di noi ripeta con se stesso ciò che per generazioni hanno vissuto i propri antenati.
E' utile che il cittadino comune sia messo al corrente che per essere felice individualmente e socialmente, per evitare le malattie, gli incidenti e le oppressioni quotidiane, è necessario, anzi indispensabile, entrare a contatto con il senso di colpa individuale e ancestrale per esprimere con il corpo tutta la rabbia e il pessimismo che ne deriva. Soltanto in un lavoro dove si abbini corpo-inconscio, la persona può espandersi e radicarsi nel proprio "sé" e divenire più creativa per sé e per il suo prossimo. Sottolineo « anche per il suo prossimo», poiché è luogo comune pensare che quando ci liberiamo dalla prigione del corpo diventiamo egoisti ed amorali e conseguentemente dannosi per gli altri; si crede che la felicità personale non possa coincidere con la felicità altrui. Quando l'energia fluisce in un corpo armonico, i pensieri e le azioni sono spontaneamente morali, sinceri e creativi. Queste caratteristiche non possono che produrre una condotta capace di offrire felicità a se stessi ed ai propri simili. Non a caso l'attuale felicità di G. è condivisa pienamente anche dai suoi familiari; tra pochi mesi si sposerà, così come desiderava e desidera.

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3 - DISTRUGGERE L'OGGETTO DELLA PROPRIA FELICITA'

Nella fine del sogno di G., possiamo notare che il ragazzo muore: simbolicamente ella voleva uccidere dentro di sé e fuori di sé, l'oggetto del suo piacere per non sentirsi in colpa.
Questo meccanismo perverso è abbastanza comune: tutto ciò che ci reca gioia e ci differenzia dagli altri è colpevole di renderci felici. La colpa individuale proiettata fuori di sé, spinge la persona a distruggere tutto ciò che cambia la sua vita in meglio. In questo caso, lasciando il ragazzo, anch'esso innamorato, G. avrebbe arrecato dolore a se stessa ma soprattutto a lui, che si sarebbe sentito disorientato e rifiutato senza motivo.
Il medesimo comportamento lo si può attuare anche verso il mondo del lavoro. Se, per esempio, per realizzare un progetto lavorativo è necessario avere un'automobile, avviene che inconsciamente si fa in modo da procurarsi un incidente o un furto per distruggere il veicolo utile a perseguire l'obiettivo. Ancor peggio, si può arrivare a provocare un litigio o una situazione difficile per farsi licenziare o non farsi assumere in una occupazione remunerativa. Il senso di sfiducia personale che ne deriva è così profondo da essere palese nel sogno di L., che riporto qui di seguito:

« mi trovo in agenzia e il capo filiale mi dice: "da quando c'è lei Signora, a questo sportello, c'è stato un notevole incremento dei servizi, la clientela è soddisfatta ed il guadagno è salito; tutto merito suo". Io mi impaurisco e mi guardo intorno come se non stessero parlando con me ».

L. si sveglia con un senso di disagio e di paura, come se la propria identità fosse stata minata.
A questo proposito, è importante citare anche il sogno che fece P., all'età di quarantadue anni, non appena ebbe constatato, con sua moglie, la sua soddisfazione nell'essere riuscito a raggiungere il posto di lavoro che desiderava, di avere acquistato una bella casa e di avere una famiglia, con due figli adolescenti belli e intelligenti.

Sogno: « dopo aver raccolto il grano che avevo seminato ed averlo legato in covoni, giunge un uomo con il viso mascherato di nero, che con una falce inizia a distruggere tutto il mio operato; cerco di fermarlo, lotto fino all'impossibile, ma lui mi distrugge. Piango, mi dispero, ma non c'è niente da fare ; io sono il perdente, tutto il grano è buttato al vento ».

La mattina dopo, raccontò il sogno a sua moglie, ma non volle in seguito mai più elaborarlo né parlarne con lei e con il terapeuta. Quattro mesi dopo, all'insaputa della sua famiglia egli vendette la casa e il mese successivo abbandonò la moglie ed i figli di cui andava tanto fiero. Li rinnegò per sempre e strutturò una grave malattia dei reni, tanto da dover ricorrere alla chirurgia.
P. era stato soltanto sei mesi in analisi, la interruppe, dopo aver fatto questo sogno:

« era scesa dalla luna per vendicarsi, una donna dagli occhi di fuoco e con una stella luninosa sulla fronte ».

Si rifiutò di elaborare anche questo sogno in cui la simbologia del lato femminile si identifica con il materno distruttivo anziché con la fecondità creativa della donna.
Ora che conosco ciò che accadde in seguito, posso concludere che inconsciamente P. scelse di distruggere l'intero suo "seminato" per lasciare alla sua parte vendicativa il sopravvento, onde attuare il misfatto contro se stesso e la famiglia.
L'istinto negativo, contro la feconda creatività, emerse più vigoroso poiché introiettato innanzi tempo dalla storia dei suoi genitori. La madre era morta di cancro a soli quarantacinque anni, quando P. aveva diciannove anni ed aveva ben quattro fratelli più piccoli in età scolare. Così giovane,egli lavorava già da due anni per aiutare il padre a mantenere la numerosa famiglia; a diciassette anni aveva dovuto lasciare il liceo, la casa sul mare ed il benessere a cui era abituato, poiché il padre era improvvisamente fallito nella sua attività. P. si sposò poi a ventitrè anni con una sua coetanea, di provenienza familiare altrettanto sfortunata ma molto creativa, con cui egli poté costruirsi una famiglia, la casa ed il lavoro di cui andava molto fiero. Con lei affrontò il dolore per la morte del padre, avvenuta a un anno dal suo matrimonio, e con lei poté crescere anche i fratelli rimasti orfani. E' significativo il fatto che il padre di P. morì anch'egli di cancro, a soli cinquantaquattro anni, quasi come se si fosse identificato nella moglie, di cui era peraltro fratello di latte.
Il matrimonio di P. sembrava l'epilogo di una fiaba felice; tuttavia, il suo senso di colpa verso i genitori falliti e poi morti, era tale da indurlo a ripercorrere inconsapevolmente la loro distruttività, per farla vivere ora ai suoi figli. Non a caso, ciò accadde giusto quando il figlio maggiore raggiunse i diciassette anni, età che egli stesso aveva quando iniziarono le sue disgrazie. Sua moglie proseguì l'analisi, e, nonostante il grosso trauma subìto, riuscì ad elaborare il vissuto per sé ed i due figli, procedendo in un cammino di vita gioioso.
La distruttività investì soltanto P. poiché la colpa aveva risvegliato in lui aggressività e desiderio di annientamento della madre e dei fratelli, proiettati sulla moglie e i figli. Si può ipotizzare che inconsciamente egli si era voluto identificare anche con suo padre, considerato da lui colpevole di aver distrutto la vita di sua madre e tutto il benessere familiare. In coincidenza dell'età del figlio più fortunato, si risvegliarono in P. l'invidia e la gelosia che già da bambino e poi da adolescente aveva sentito per i suoi fratelli e gli amici più favoriti dalla sorte, ma anche per i suoi genitori, che potevano godere di un potere, privilegio esclusivo degli adulti.
Il desiderio di demolire gli oggetti della sua invidia, nel riaffacciarsi in modo proiettivo sulla famiglia, si agganciò inconsciamente all'autodistruttività della madre, morta di cancro, e a quella del padre, prima fallito nella sua attività e poi precocemente morto della stessa malattia di sua moglie. Anch'essi si dissolsero, dopo aver raggiunto un ottimo stato di benessere.
Quando si raggiunge la felicità ambita, ma vissuta inconsciamente come vendetta verso i genitori, c'è un senso di solitudine e di colpa. Solo il bisogno di riparare può diminuire l'angoscia persecutiva ed aumentare la fiducia e la speranza. Nel caso di P., la riparazione verso i genitori non era possibile, essendo ormai morti, ma nell'inconscio, diabolicamente, si era impressa più la onnipotente forza di Thanatos che non la forza dell'Eros creativo.
La propensione all'espiazione possiamo chiaramente evincerla dal sogno di una donna di quarantasette anni, che si chiama A. La sera, prima di dormire, ella pensò che era molto felice poiché aveva una bella bambina, una bella casa ed un elevato conto in banca; che era riuscita a raggiungere ed a vivere come voleva. In sintesi, rifletteva, era stata più fortunata di sua madre.

Sogno: « dovevo restare in carcere per venti anni e pagare un'ammenda di venti milioni ».

La madre di A. è sempre stata casalinga, ha dovuto fare molti sacrifici per allevare quattro figli con il modesto stipendio del marito.Contrariamente, A. ha potuto svolgere un lavoro che l'ha fatta viaggiare e le ha permesso di vedere il mondo e di vivere una vita serena, con pochi limiti spazio-temporali. A. non veicolò il suo sogno distruttivo nella realtà, ma lavorò molto bioenergeticamente sul suo corpo, rendendo la respirazione profonda, rafforzando le gambe, liberandosi della rabbia, dell'invidia e del dolore che da bimba aveva provato verso la madre ed i propri fratelli. Elaborò oniricamente tutto il suo bisogno di distruggere e svalutare la madre ed i fratelli, assumendo comportamenti manipolativi e contraddittori per ottenere potere discriminato. Soltanto così A. evitò di far emergere il suo lato espiativo, e trasformò le emozioni negative in creative, per sé e per gli altri.

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4 - IL COMPLESSO DI EDIPO

Tutte le teorie psicoterapeutiche non possono fare a meno di evidenziare e sottolineare che la colpa nasce dal complesso di Edipo, dal desiderio di avere tutta per sé la madre e di uccidere il padre, e, viceversa, di uccidere la madre per avere tutto per sé il padre.
I sogni menzionati possono confermare, oltremodo, un legame edipico e una forte propensione alla competizione con il genitore dello stesso sesso, e, nel contempo, un forte senso di colpa per averlo superato ed una conseguente spinta all'espiazione e alla distruttività.
Quando però la colpa è riconosciuta, può essere superata e trasformata in creatività della vita, pervasa da gioia intensa. Un ragazzo che non è in analisi, ma molto a contatto con le sue emozioni, dopo aver fatto l' amore con la ragazza che ama ed essersi sentito in uno stato di beatitudine, espresse tutto il suo dolore ed il senso di colpa verso sua madre poiché ella è continuamente infelice. L'emergere spontaneo di una sensazione così profonda, gli ha permesso di continuare a viversi la relazione sentimentale giocondamente.
Tuttavia, è importante evidenziare che l'essere umano è unico e speciale ma anche l'espressione della sua storia personale in dinamica con i genitori ed i fratelli, e l'espressione viva nella sua totalità psicofisica della storia dei suoi avi, sia psicologicamente che socioeconomicamente. Ognuno di noi inconsciamente vive anche le frustrazioni trascorse dai nostri antenati. A questo proposito, cito il sogno di una ragazza, che si chiama F., benestante e ben realizzata nel lavoro:

« entravo nella tomba di famiglia, aprivo le bare di mia nonna materna, di suo marito, di suo padre e di suo nonno. Piangevo disperata, rievocando in me il ricordo del mio trisnonno morto di freddo e fame, per l'estrema povertà. Nel contempo ricordai anche il lavoro duro, da muratore, di mio nonno e la vita di stenti di mia nonna ».

La ragazza soffriva di una forte depressione, accompagnata da un delirio di povertà. Il sogno le permise di rivisitare la storia reale della famiglia materna, di percepire il senso di colpa del suo benessere, di esprimere la rabbia ed il dolore che ne derivava. Quasi certamente, la madre, portatrice di una storia tanto triste, aveva trasmesso a sua figlia il dolore e la rabbia, ed aveva avuto comportamenti frustranti poco accoglienti.
Nel primo periodo di analisi, tutte le emozioni negative sono rivolte verso i genitori, in modo particolare verso la madre. Man mano che la persona si libera del peso della propria negatività e diviene più realizzata, inizia a sentire che la madre, malgrado i suoi limiti, ha permesso anche di far emergere le parti belle individuali.
Una ragazza di nome A., cresciuta da sua nonna, e che aveva un rapporto conflittuale con sua madre, sognò:

« in un campo coperto di neve era cresciuto un albero di mandorlo fiorito; la mia amica avrebbe voluto sradicarlo, io le suggerisco di prendere solo dei rametti perché soltanto così avrebbe potuto rivedere i fiori anche negli anni successivi ».

L'attività onirica permise ad A. di rendersi conto che, anche se la madre gelidamente l'aveva affidata alla nonna, era riuscita a farla crescere come un albero che fiorisce, malgrado la neve. La parte di A., proiettata sull'amica che vuole sradicare l'albero, ossia distruggerlo, viene creativamente ammonita e contenuta. Questo è il processo di crescita interiore costruttiva, che permette alle persone di liberarsi dalla rabbia, dal dolore e dal senso di colpa e di valutare più realisticamente la realtà globale.

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5 - DEFAILLANCES SESSUALI E SENSI DI COLPA UNIVERSALI

E' conseguenziale che la colpa incombente, la maledizione universale, oltre che nel lavoro e nella felicità sentimentale, può minare anche l'equilibrio sessuale, con mancanza di desiderio, frigidità, impotenza, eiaculazione precoce , perversioni di vario genere.
Nelle défaillances sessuali, il boicottaggio inconsapevole va a minare nel più profondo della personalità. Il senso di sfiducia, l'incapacità di offrire piacere a sé ed al proprio partner, pervade di conseguenza l'umore globale della persona colpita.
In questi casi, il senso di colpa, la rabbia, il dolore, la paura, rimossi nell'inconscio ma soprattutto nel corpo, provocano un inconsapevole timore del contatto, dell'intimità ed una rabbia proiettata sull'oggetto del proprio amore. Il piacere distorto è nell'aggredire il partner e se stessi, provocando eccitazione, senza mai arrivare all'acme dell'orgasmo. La felicità, la beatitudine, che dovrebbe derivare dall'amplesso sessuale, dove anima e corpo si fondono in una sinfonia armonica, diviene purtroppo momento distruttivo.
La colpa del piacere più intimo si riconduce al momento dell'allattamento, all'abbandono felice tra madre e figlio, per la continuità visiva e corporea della simbiosi vissuta durante i nove mesi di gestazione. Se purtroppo il senso di colpa della madre nei confronti della sua intimità corporea è già fortemente minato dalla storia individuale ed ancestrale, il momento magico dell'allattamento subisce forti interferenze.
Talvolta, l'ingerenza può anche essere provocata da un rapporto frustrante con il padre del bambino. L'angoscia e il conflitto che ne derivano, non permettono alla madre di abbandonarsi all'estasi dell'allattamento.
Qualche altra volta gli impegni lavorativi e famigliari che la donna è costretta a sostenere, vanno ad insidiare il piacere del contatto profondo che dovrebbe esserci con il bambino.
Se la madre si proibì il giusto abbandono nell'allattare il suo bimbo, quasi certamente provò difficoltà anche nel lavarlo, asciugarlo, vestirlo; ebbe difficoltà globale nello stabilire un contatto caldo ed accogliente, nel guardare negli occhi con uno sguardo dolce e pieno d'amore. Purtroppo questo tipo di madre, con sue difficoltà, procurerà seri problemi di contatto e di felicità ai propri figli. Ovviamente non è una donna colpevole, poiché ella stessa fu vittima di altrettanti conflitti. Nella ricerca di equilibrio materno, le donne difficilmente sono aiutate dal marito e dal sociale, ognuno ha il suo fardello di problemi irrisolti, e ognuno, nella coppia, può aumentarli nell'altro.
Ma nella catena senza fine, quando giunge in psicoterapia il figlio, ormai adulto, con problemi sessuali di vecchia data, non possiamo far altro che aiutarlo a sfogare la sua rabbia ed il dolore di un rapporto d'amore, tra madre e bambino, carente d'amore, di responsabilità e consapevolezza. E' proprio attraverso questo rapporto, che iniziano i blocchi energetici e le tensioni muscolari determinanti le turbe sessuali.
Le difficoltà della sfera sessuale, furono considerate, da Freud, come espressione di conflitti psicologici, poi, da Reich, come correlazione tra aspetti psichici e somatici. Reich fu il primo ad inventare esercizi psicofisici, atti ad esprimere le pulsioni aggressive e sessuali, onde giungere alla piena capacità orgastica e genitale. Reich considerò l'energia organica come espressione concreta di quella libido di cui parlava Freud, individuò nell'orgasmo la massima espressione di godimento e di scarico dell'energia corporea.
L'energia che Reich individuò nel nostro corpo è la stessa energia universale. Le tensioni muscolari non permettono all'energia di fluire liberamente, non consentono di avere un respiro profondo, di essere a contatto con le proprie emozioni e quindi non autorizzano la vitalità ed il desiderio sessuale.
L'ingorgo di energia si scioglie lentamente con appositi esercizi bioenergetici. Nel fare affiorare alla coscienza le emozioni che provocarono il disturbo, la persona si riappropria del suo naturale stato di carica energetica e di eccitazione sessuale.
Il lavoro continuo sul "grounding", ossia un contatto stabile e ben radicato con il suolo, permette il rafforzamento della personalità totale nel rapporto con la realtà.
Valorizzando la propria stabilità terrena, mutuata dalle elaborazioni inconsce, è più facile lasciarsi andare alle proprie emozioni ed alla soddisfazione sessuale.
Quando il corpo si sente appesantito dai conflitti non risolti, dalla rabbia repressa, dai sensi di colpa, dal dolore nascosto nei blocchi energetici, nel contempo sente che i piedi non riescono a sostenerlo adeguatamente, avverte sfiducia profonda. La propria inaffidabilità provoca una grande paura nel lasciarsi andare al piacere e all'ansia, la persona ha timore di cadere in piena balia degli altri. La dipendenza psico-sessuale rievoca l'antico dolore di se stesso bambino appena nato, tradito da un parziale contatto materno. Il terrore inconscio, impresso nel corpo indebolito dalle molteplici contrazioni, è quello di ricadere preda di una madre incapace di calde espressioni affettive. E' quasi conseguenziale una difesa confusa e maldestra, poiché il terrore è sempre accompagnato da sensazioni di rabbia e aggressività distruttiva, essendo questi sentimenti inconsci, si manifestano subdolamente attraverso variegate espressioni.
E' significativo l'episodio di uno scrittore, che non riuscendo nella vita a farsi pubblicare i suoi romanzi e soffrendo di turbe della sfera sessuale, quale la eiaculazione precoce, fece questo sogno:

« Il mio libro è già dattiloscritto, pronto per essere portato all'editore, mia madre lo mostra alle amiche, vantandosi di avere un figlio eccezionale. Io mi arrabbio, non voglio che mia madre possa godere di una mia capacità, distruggo il libro e sono felice di aver fatto dispetto a lei ».

Lo scrittore medesimo, parlando dei rapporti sessuali con la sua donna, in un momento di stress disse: « non voglio che lei possa godere grazie a me ». In realtà, la sua antica rabbia, il conflitto tra l'odio e l'amore edipico, lo spingeva ad eliminare il proprio piacere pur di aggredire la madre proiettata sulla sua partner. Molti uomini, con eiaculazione precoce o problemi di impotenza, pur di non dare soddisfazione alla madre ed a tutte persone su cui ne proiettano l'immagine, si precludono, oltre che il piacere sessuale, anche la soddisfazione di realizzare i propri obiettivi lavorativi e tutto ciò che possa arrecare loro felicità e soddisfazione.
Il medesimo meccanismo distruttivo si riscontra anche in donne con difficoltà sessuali.
Una ragazza, con problematiche di frigidità, ripeteva spesso che non avrebbe mai voluto un figlio fino al giorno della morte di sua madre, a cui non voleva, per nessuna ragione, donare l'occasione di una gioia molto attesa.
Evitare il proprio piacere nella vita e nella sessualità per danneggiare l'altro, è l'espressione viva di conflitti e di forti tensioni muscolari, che impediscono di far sgorgare come acqua zampillante tutte le antiche emozioni e di far fluire l'energia in tutto il corpo.
Il sadismo non è solo un fatto psichico, è soprattutto un fatto di tensioni muscolari e blocchi energetici. E' antica rabbia repressa, lacrime contratte, emozioni di gioia soffocata.
Scalciando ed urlando sdraiati sul materasso, come quando eravamo neonati disperati, si libera il corpo dalle tante emozioni incastonate in profondità. Battere forte, successivamente, sul cubo di gomma, restando in piedi sulle proprie gambe, per esprimere la rabbia in modo più adulto, conferisce un senso di forza psico-fisica, poiché l'energia inizia a fluire liberamente.
Questa forza è di vitale importanza poiché, in alcune problematiche sessuali, abbiamo anche un tale complesso di inferiorità, correlato alla propria storia famigliare come status socio-economico, che la persona è nell'impossibilità di godere della felicità offerta dal partner. Sia sessualmente che economicamente, l'orgoglio si sente profondamente ferito. Per ritrovare la propria autostima, si ha bisogno di svalutare e rifiutare in modo sadico l'oggetto della propria felicità.
In queste situazioni, abbiamo una regressione nello stadio in cui il bambino afferma se stesso ed aggredisce la madre, rifiutando il cibo. L'autoaffermazione ed il personale piacere secondario, non consistono nel procurarsi la gioia, ma nel generare dolore e rabbia nell'altro.
Dimentichi di se stessi e del vero piacere della vita, essi non godono, pur di non dare soddisfazione agli altri. L'io è annullato a favore del sado-masochismo.
L'obiettivo naturale, proteso alla gioia di vivere, viene completamente cambiato, la soddisfazione più profonda sta nel deludere gli altri. La propria frustrazione è totalmente dimenticata, a favore del diabolico istinto distruttivo. E' Mefistofele che prende il sopravvento, annichilendo l'ego.
Ma una volta realizzato il misfatto, ritorna il contatto emotivo con il "sé", per cui sopraggiunge la delusione, l'amarezza, il disorientamento, il senso di impotenza. Ma se tutto questo è rimosso, negato, proiettato sull'altro, automaticamente l'oggetto già sadizzato viene vissuto come persecutorio.
Il legame con l'altro non è ispirato dall'amore, ma dall'odio, dal desiderio di potere distruttivo, dall'invidia, dal bisogno di sentirsi superiori nel danneggiare e provocare dipendenza e disperazione proiettata fuori di sé. Queste persone si sono identificate con la madre cattiva, il partner diviene la proiezione di se stesso bambino, perdendo la sua vera essenza individuale.
Anche nei casi di problematiche sessuali, è necessario lavorare sui due fronti: "inconscio-corpo", interpretare i sogni, dare forza ai piedi (talvolta piatti o con le dita contratte), alle gambe, aprire la mascella e le vertebre lombari (spesso bloccate), approfondire il respiro (frequentemente spezzato all'altezza del diaframma). Forti emozioni quali la rabbia, la paura, la colpa, il dolore, emergono nel lavoro terapeutico globale.
Facendo muovere il bacino ed urlando « no, basta », si sciolgono le tensioni accumulate nella gola e nelle vertebre lombari, si aprono le stasi energetiche che si producono nell'attaccatura tra le gambe ed il tronco. Lì scaturisce un flusso energetico in cui il corpo inizia a vibrare, spontaneamente fuoriesce il terrore del piacere della vita, per poi raggiungere la piacevolezza della propria vitalità.
Il confluire dei veri sentimenti profondi attraverso il corpo, mobilita energie, forza e fiducia ; l'aggressività inconscia non è più distruttività ma forza creatrice di momenti di felicità. Sembra un'utopia: tanto più desideriamo piacere corporeo, contatti felici, tanto più ne abbiamo paura. Può apparire ancora più paradossale, ma anche le persone più buone e disponibili sono piene di rabbia e di dolore. Le emozioni rimosse, considerate socialmente deprecabili, nel fuoriuscire rendono le persone veramente capaci di amare.
Spesso si confonde l'amore con il bisogno di assistenza, di dipendenza, di sopraffazione o di affermazione del proprio potere, poiché i veri sentimenti di amore sono soffocati dalle contrazioni muscolari, dalla respirazione corta e da una conseguente asinergia.
Togliere dal corpo i blocchi energetici, è come decondizionare un detenuto dalla sua abitudine alla prigione, dal limite spazio-temporale, mentale e di ossigeno. La prigione del corpo non è solo il risultato delle inibizioni familiari, ma è la sintesi di secoli di frustrazioni sociali, di opinioni precostituite, di suddivisioni discriminatorie socio-economiche. E' la storia universale che ancor oggi mantiene l'essere umano soggiogato dai detentori del potere discriminato. Ben venga il potere illuminato, che conta sul cittadino responsabile delle sue azioni, come essere unico ed individuale appartenente ad una società. La responsabilità individuale, rispetto alla propria vita affettiva e sociale, è l'unica strada per svincolarsi dall'infelicità, che parte dal piccolo nucleo familiare e si estende a macchia d'olio nel lavoro, nella politica ed in ogni espressione della vita. Non si può stabilire se è la società a creare inibizioni all'essere umano o se è il singolo ad autovincolarsi. Questa dicotomia annosa si può decodificare solo nella responsabilità individuale.
Proprio perché la verità è nel corpo oltre che nell'inconscio, W. Reich e A. Lowen, con l'analisi bioenergetica, hanno preso in considerazione l'identità funzionale tra mente e corpo ed hanno creato una psicoterapia che elabora i vissuti inconsci e corporei tramite esercizi psicofisici. Esercizi che, mobilitando forti emozioni, offrono una catarsi del passato frustrante, conferiscono al corpo uno spontaneo respiro profondo, decontrazione muscolare, armonia tra inconscio e razionalità.
L'espressione libera della rabbia e del dolore di un'infanzia personale e ontogenetica colpevolizzata, offre una forza psicofisica che produce energia e spontanea creatività, volta a rendere la vita un'esperienza gioiosa per sé e per gli altri. Avvicinarsi alla vita creativamente, è un donarsi quotidianamente risposte nuove e fantasiose, per affrontare e risolvere i continui problemi.

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6 - LA FUGA DALL'ESPIAZIONE

In questo cammino nell'esplorazione inconscia e corporea ho scoperto:
1) la tendenza a non raggiungere la felicità per adeguarsi alla vita familiare,
2) il tentativo di allontanare la felicità per non sentirsi in colpa verso la sofferenza altrui,
3) la distruzione dell'oggetto della felicità,
4) non godere della felicità offerta dal partner per orgoglio ferito,
5) procurarsi défaillances sessuali per aggredire l'oggetto del piacere,
6) desiderare di espiare i sensi di colpa rispetto alla felicità raggiunta.
Infine ho anche potuto vedere come il lavoro bioenergetico sul corpo ha procurato una spinta interiore a fuggire dalla tendenza all'espiazione.
A questo proposito, è oltremodo indicativo il sogno di una donna di nome M., di quarantacinque anni, fatto durante il viaggio in vagone-letto verso la Sicilia. Sogno: « mi trovavo nella casa di mia nonna paterna; mio padre mi picchiava con la cinta dei pantaloni, bloccandomi in un angolo accanto alla porta per impedirmi di uscire, prendere il pullman e trasferirmi in città. Riesco a fuggire, giungere sulla piazza del lungomare della mia città natìa. In quel momento il pullman parte, lo rincorro, lo supero proprio di fronte alla casa della nonna, mi pongo davanti all'automezzo a braccia aperte per obbligarlo a fermarsi. Si ferma, salgo mentre mio padre ancora mi rincorre picchiandomi con la cinta, entro nel pullman e si chiudono le porte. Mio padre resta in terra addolorato, ma io mi sento finalmente libera e felice ».
La donna, svegliandosi, si domandò come mai suo padre, così buono ed affettuoso, lo aveva sognato tanto minaccioso e violento. Si domandò anche come poteva aver sognato la casa della nonna paterna che non aveva mai visto in vita sua.
La nonna di M. era deceduta all'età di quarantacinque anni, prima che il padre si sposasse ; M. inoltre era la secondogenita, nata quando suo fratello aveva già sei anni. Né aveva avuto modo di conoscere suo nonno, anche lui ormai morto poco dopo sua moglie. Sembrava un sogno paradossale, tanto più che il messaggio onirico si manifestava quando il padre di M. era defunto ormai da dieci anni. In realtà, lei aveva preso molte botte solo da sua madre, che le impediva di essere una bambina vitale, suo padre l'aveva sempre rispettata e tenuta in grande considerazione.
Dopo molti giorni di riflessione, ricordò che il padre, fin da quando ella aveva cinque anni, aveva cercato di insegnarle a pulire la casa ed a lavare i piatti, dicendole spesso: « ti ho chiamata come mia madre perché voglio che tu sia buona ed ubbidiente come lei. Mia madre non usciva mai, era sempre dedita alle pulizie della casa ed alle cure dei figli, non rispondeva mai male a suo marito, tanto che morì di ulcera allo stomaco a soli quarantacinque anni. Lei non era come tua madre che viaggia, va al mare, va in bicicletta, mi risponde male e non si dedica né a voi figli né tanto meno alla casa ».
Il ricordo sconvolse M., che si accorse di avere in quel momento quarantacinque anni, e che, anziché morire, come sua nonna, si separava dal marito, responsabilizzava i figli ormai ventenni, incominciava ad uscire e viaggiare; aderiva, praticamente, al modello materno. Osservò che sino ad allora aveva vissuto completamente consacrata al lavoro ed alla famiglia, che nella sua analisi verbale aveva compreso molte dinamiche psicologiche, senza però riuscire a liberarsi dalle catene che sentiva nel suo corpo. Si percepiva come se vivesse su di una sedia a rotelle, per agire avrebbe avuto bisogno di una persona che la spingesse. Realizzò che con un solo anno di analisi bioenergetica finalmente riusciva a muoversi. Dopo aver dipinto fino ad allora rami fioriti, rami intrecciati da cui si intravedevano luci dell' alba, iniziò a dipingere cavalli a briglie sciolte, che liberi squarciavano il buio per correre felici verso i prati ed il mare. La parte positiva materna e la sua connaturale vitalità emersero, ma nel suo inconscio ancora albergava la colpa verso suo padre, che simbolicamente la malmenava perché non corrispondeva al modello archetipico della grande madre sacrificale autodistruttiva.
Essendo M. già abbastanza solida nel suo io, fortificatosi nell'analisi verbale, poté lavorare, sin dalle prime sedute, sul cavalletto bioenergetico. Nell'arcuare il suo corpo appoggiato al cavalletto, poté urlare tutta la rabbia, piangere con forti singhiozzi il suo dolore personale ed archetipico. Aprì il suo cuore, il corpo iniziò a vibrare, sentì con terrore tutta la bioelettricità del suo fisico palpitante, ebbe paura di morire; ma, quando tornò nella posizione "grounding", sentì la forza nelle sue gambe e nei suoi piedi, ben radicati nella terra. Il suo volto, il suo corpo divennero più giovani, briosi e vispi come quando era ancora bambina. Gli occhi tristi, che raccontavano la storia di una donna repressa, divennero ridenti. Da allora iniziò la sua nuova vita, risentì le sue gambe pronte a scattare e a muoversi per conoscere il mondo. I suoi piedi, divenuti piatti all'età di otto anni, tornarono solidi, ed ella gioiva per il solo fatto che potesse camminare senza stancarsi. I suoi quadri si popolarono di gabbiani e cavalli, di paesaggi pieni di strade che portavano ovunque.
Tornando nel Sud, dov'era la terra natìa di sua nonna paterna, fece quel sogno significativo; potè anche sentire, in un momento di abbandono, che stava riscattando anche la vitalità castrata di quella povera donna, la quale, come tutte le altre che vivevano come lei, non poté che scegliere di chiudere la sua vita in un'autodistruttività finale e definitiva. La colpa della libertà e della felicità emergeva spesso in M.; ma, tenace, continuava a lavorare sui sogni, sul corpo, sulla respirazione, sulle stasi di energia operanti anche sul volto, quelle che si erano create nel trattenere la rabbia, le lacrime, il dolore, ma finanche la gioia. Le sue labbra, nel liberarsi di tutti i "no" ricevuti e non espressi, divenivano più morbide e ridenti.
Il desiderio di sostenere e risolvere la colpa della felicità, è ciò che induce M. a lavorare continuamente sui sogni ed il corpo, e, nel contempo, a dipingere nudi di uomini e donne, liberi dagli orpelli, alla ricerca del nucleo della verità. La sintesi, tra i cavalli, i gabbiani e gli esseri umani - la "coniuctio oppositorum" degli opposti interni tra istinto animale e cultura -, è la radice profonda dalla primordiale innocenza. Innocenza infantile, che conferisce la spinta creativa dell'adulto, per esperire umilmente la gioia e il dolore, il brutto e il bello, il buono e il cattivo, che sono dentro ogni essere nato. E' la fusione degli opposti, che dona un continuo stato di meraviglia e curiosità. Il giorno e la notte, l'alba e il tramonto sono i colori della vita che germogliano mutevolmente e repentinamente a seconda dell'ora, mutevolezza fluida e leggera simile alla energia non bloccata.
Come attraverso una radiografia, il mondo psicofisico di M. si esprime, in tutto il suo cammino, tramite i suoi disegni, gli acquarelli ed olii. I fiori, i frutti della terra, i grandi cieli rosati o stellati, si fondono in grandi spazi vibranti, all'unisono con giovani corpi, che nell'amarsi si amalgamano ritmicamente con l'universo. Ella sente che il cammino nel suo mondo interiore non ha confini...
Sentirsi nelle emozioni, nel respiro, liberarsi dall'antica rabbia e dal dolore, scoprire con occhi innocenti e meravigliati l'universo, le fa rivelare ed accettare tutto il limite della sua umanità. La continua purificazione da passati vissuti negativi la apre all'amore.
E' il cuore che guida, istintivamente, verso una vita sincera, spontaneamente creativa.

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Maria Alborghetti